In funzione della loro attività, gli insetti possono essere classificati in insetti utili e insetti dannosi (esiste in realtà anche un terzo gruppo di insetti "indifferenti", privi tuttavia di particolare interesse economico).
Si definiscono "utili" quegli insetti, non dannosi per il prato, che producono o secernono sostante direttamente utilizzate dall'uomo (si pensi al miele e alla cera, per esempio), gli insetti impollinatori e i cosiddetti insetti "predatori", che svolgono cioè un'azione di controllo nei confronti degli insetti dannosi alle colture (lotta biologica). Appartengono invece a quest'ultimi quegli individui che, attraverso la propria attività trofica e il loro apparato boccale di tipo masticatore o succhiante, possono provocare danni diretti al tappeto erboso (così come ad altre colture) a spese di radici, rizomi, stoloni e germogli.
Danni di tipo indiretto possono infine essere veicolati da piante infette a piante sane da insetti portatori di fitoplasmi, batteri o virus. Risultato: un prato indebolito, a ridotto tasso di crescita dei germogli e con evidente defogliazione. Ma non è tutto. Danni ben più severi di quelli a carico della parte epigea della pianta possono essere infatti provocati a livello delle radici dalle forme giovanili (larvali) di molti insetti dannosi. È il caso, per esempio, del coleottero Melolontha melolontha (maggiolino), uno degli insetti più dannosi per il prato, le cui larve, nutrendosi dell'apparato radicale di tutte le specie più comuni da tappeto erboso, possono portare, nei casi più estremi, all'intera perdita delle radici e quindi del prato stesso.
Che cosa fare, dunque, a fronte di un simile problema quando il PAN (Piano Ambientale Nazionale), in vigore ormai da qualche anno (2014), ha prima fortemente limitato e poi vietato l'impiego della quasi totalità dei prodotti fitosanitari utilizzabili sul tappeto erboso?